
Questa news del NYT fa venire la pelle d'oca (che non si dice chicken skin ma goosebump) perchè da queste parti bere "l'acqua del sindaco" è la regola. A New York c'è un tipo che ha pure deciso di venderla in bottiglia, la chiama Tap'd NY (qui a destra). Mi sa che ora dovrà rivedere il marketing.
"In the last five years alone, chemical factories, manufacturing plants and other workplaces have violated water pollution laws more than half a million times. The violations range from failing to report emissions to dumping toxins at concentrations regulators say might contribute to cancer, birth defects and other illnesses - spiega il NYT -. However, the vast majority of those polluters have escaped punishment. State officials have repeatedly ignored obvious illegal dumping, and the Environmental Protection Agency, which can prosecute polluters when states fail to act, has often declined to intervene (...) ".
La cosa più interessante è il database dove basta immettere il cap e puoi controllare in tempo reale se l'impianto vicino a casa tua è tra quelli considerati a rischio. Debbo dire con un sospiro di sollievo che il "nostro" Amoco service station #92 di Miami Beach è tra quelli "bravi".
E già questo ti fa capire che potenza sia il sito web del NYT (dove tutte le news, almeno quelle che ho cercato finora da archivio o recenti, sono free, ma devo indagare meglio) e lo stesso giornale cartaceo. Ma la chicca finale è questa:

In addition, The Times interviewed more than 250 state and federal regulators, water-system managers, environmental advocates and scientists".
Questi hanno fatto un'inchiesta che ha impiegato mesi, almeno due giornalisti dedicati e non si sa quanti altri interni e stagisti per le ricerche. La famosa inchiesta vecchio stile. Nonostante i tempi duri per la carta stampata, pare che questa sia una delle poche certezze: al lettore piacciono le inchieste. E le notizie che trova sui giornali che hanno una reputazione di antica data in tal senso sono considerati ancora "oro colato". Come trasformare questa fiducia nell'acquisto di una copia al giorno o alla settimana è materia di discussione. Come questo si incrocia col web complica ulteriormente l'equazione. Ad esempio nessuno ha ancora ben chiaro, per quanto riguarda le news on line, cosa e come farle pagare.
Tanto per capirci, il buon Murdoch, collega di SB nel settore media e tv, ha sì annunciato che metterà a pagamento tutti i suoi giornali. Certo, ma dal 2010. Intanto vediamo cosa succe. Per esempio se Google sarà veramente in grado di mettere a disposizione dei giornali uno strumento per i micropagamenti come ha promesso, perchè adesso non c'è e nessuno ha intenzione di spendere migliaia di dollari per studiarne uno. Cosa significa? Che chi dice che il futuro dei giornali è solo sul web in realtà primo non sa quando accadrà (domani o tra 50 anni), né se i lettori decideranno veramente di lasciare la carta per il web. Negli Stati Uniti tutti hanno accesso alla rete tramite telefonino ormai, molti giornali anche storici son defunti, eppure altri stanno investendo e crescendo, soprattutto quelli legati al "locale" o capaci di fare inchieste e collegarsi a blog e tv.
Come dice una battuta azzeccata: "con il web non ci incarti il pesce". Fuori di battuta: mia madre non sa neppure accendere il pc ma legge il Resto del Carlino, ogni tanto, e il sabato sera, tutte le settimane; mia sorella è sempre in line ma credo non abbia mai aperto l'edizione web de il Resto del Carlino in vita sua. Siamo sicuri che il mondo dei lettori dei giornali sia già pronto per lasciare la carta?
Il vero problema oggi non è trovare la ricetta adatta, perché non c'è, ma che gli editori siano in grado in futuro di muoversi in fretta, così come si muove il web, saper modificare le scelte di marketing e industriali, capire le idee vincenti e metterle in pratica, se non prima allora meglio degli altri. I margini per giocare non ci sono più.
Tanto per capirci, il buon Murdoch, collega di SB nel settore media e tv, ha sì annunciato che metterà a pagamento tutti i suoi giornali. Certo, ma dal 2010. Intanto vediamo cosa succe. Per esempio se Google sarà veramente in grado di mettere a disposizione dei giornali uno strumento per i micropagamenti come ha promesso, perchè adesso non c'è e nessuno ha intenzione di spendere migliaia di dollari per studiarne uno. Cosa significa? Che chi dice che il futuro dei giornali è solo sul web in realtà primo non sa quando accadrà (domani o tra 50 anni), né se i lettori decideranno veramente di lasciare la carta per il web. Negli Stati Uniti tutti hanno accesso alla rete tramite telefonino ormai, molti giornali anche storici son defunti, eppure altri stanno investendo e crescendo, soprattutto quelli legati al "locale" o capaci di fare inchieste e collegarsi a blog e tv.
Come dice una battuta azzeccata: "con il web non ci incarti il pesce". Fuori di battuta: mia madre non sa neppure accendere il pc ma legge il Resto del Carlino, ogni tanto, e il sabato sera, tutte le settimane; mia sorella è sempre in line ma credo non abbia mai aperto l'edizione web de il Resto del Carlino in vita sua. Siamo sicuri che il mondo dei lettori dei giornali sia già pronto per lasciare la carta?
Il vero problema oggi non è trovare la ricetta adatta, perché non c'è, ma che gli editori siano in grado in futuro di muoversi in fretta, così come si muove il web, saper modificare le scelte di marketing e industriali, capire le idee vincenti e metterle in pratica, se non prima allora meglio degli altri. I margini per giocare non ci sono più.
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